mercoledì, settembre 13, 2006

IL MISTERO DEI BARBAPAPÀ


I Barbapapà, diciamocelo, sono veramente irresistibili: grossi, morbidi, malleabili, placidi, colorati, profumati, dolcissimi... li vedi e ti viene voglia di mangiarli tutti, uno dopo l’altro.
I gommosi personaggi ideati da Annette Tison e Talus Taylor, almeno per chi è nato negli anni ‘70, sono legati per forza di cose ai ricordi d’infanzia e, ovvio, questo è quindi vero pure per me. Da bimbo, se non sbaglio, dovevo avere solo due degli albi della serie, ovvero “Barbapapà” e “Barbapapà cerca casa”. Anche sforzandomi non riesco però a ripescare nello scatolone dei ricordi nemmeno una pagina, una vignetta, un ghirigoro. E men che meno riesco a riportare alla memoria le storie che vedevano protagonisti i Barbapapà. Eppure ho ben stampate in testa le due copertine degli albi, di cartone rigido e un bel po’ ammaccate. Tra i neuroni è rimasta incastrata addirittura una sorta di fotografia del sottoscritto, seduto in un angolo della cameretta di Claudia, tutto intento a rigirarmi tra le mani questi due improbabili libri. Questo "insospettabile" rigurgito nostalgico nei confronti dei Barbapapà è dovuto ad uno dei regali di compleanno più azzeccati tra quelli ricevuti quest’anno. Il vantaggio di avere una sorella è che ti conosce (e spesso ti capisce) meglio di chiunque altro, genitori compresi. E infatti è stata proprio Claudia ad omaggiarmi dei primi cinque albi della serie dei Barbapapà ristampati proprio or ora dal Battello a Vapore.
Io la storia dei Barbapapà, come accennato, mica me la ricordavo e, soprattutto, mica me la ricordavo così triste. Diamine, tempo quattro pagine e quasi ti ritrovi in lacrime. Il povero Barbapapà, infatti, nasce nel giardino dove gioca alla vita un semplice ragazzino come tanti altri, e fin qui i fazzolettini di carta possono stare al loro posto. Peccato che i genitori del ragazzino in questione, che risponde al nome di Francesco, caccino via il povero Barbapapà perché troppo grosso e ingombrante per vivere con loro. Barbapapà viene così spedito alla zoo dove, rinchiuso in una piccola gabbia, passa le sue giornate piangendo a dirotto. Fortunatamente, però, il nostro gigante rosa è un tipo pieno di risorse e impiega solo un attimo per organizzare la sua fuga. Peccato che, una volta libero, il nostro eroe continui ad essere infelice: nessuno lo vuole, nessuno gli è amico e nessuno gli tende la mano. Solo quando ha finalmente l’occasione di mettere in mostra il suo buon cuore, oltre che il suo coraggio, il placido Barbapapà riesce a farsi accettare dagli esseri umani. E da quel momento in poi le cose tendono a girare per il verso giusto, almeno fino a quando il povero Barbapapà non inizia a patire le pene d’amore. La ricerca di una Barbamamma è raccontata nel secondo volume, “La Famiglia dei Barbapapà”, che poi è anche l’albo che vede la nascita dei sette figlioletti, ognuno caratterizzato da un colore specifico e da un’indole ben definita. Da qui in poi alla Barbafamiglia ne vanno bene proprio poche. Il problema della ricerca di un’abitazione adatta ai nove coloratissimi blob è illustrato nel terzo volume, “La casa dei Barbapapà”, mentre nel quarto i nostri improbabili eroi sono addirittura costretti a fuggire su di un altro pianeta assieme a tutti gli animali della Terra, ormai inquinata dall’uomo a tal punto da renderla invivibile. A quegli sciocchi degli esseri umani, però, gli animali e la natura iniziano ben presto a mancare, e così si mettono d’impegno per ripulire tutto il pianeta, in modo tale da farlo tornare verde e azzurro.
Vista e considerata la complessità della vicenda, adesso mi è più facile capire il perché da bimbo mi piacessero i disegni e poco altro. In effetti la serie, che è nata nel 1973, è forse stata una delle prime ad avere un’impostazione ecologista. Ai tempi facevo fatica a capire cosa mi stesse succedendo attorno, figuriamoci se mi poteva venire in mente di preoccuparmi di quanto velocemente il pianeta stesse andando in malora. E non è che le cose siano poi cambiate tanto, da quei tempi: ancora oggi capisco poco di quello che orbita attorno e, ancora oggi, faccio fatica ad interessarmi a quello che succede su questo cazzo di pianeta. Ma almeno adesso capisco le vicende narrate negli albi della serie e, tutto sommato, questo è un traguardo mica da niente. Di tanto in tanto un sorriso è capace di salvarti la vita, come insegnano i Barbapapà.