lunedì, settembre 04, 2006

THE RONETTES


Serve nuova musica per tornare a respirare, non ci sono dubbi. E infatti, nemmeno a dirlo, dopo qualche anno di latitanza ho rimesso piede nella bottega di Carù. Questa volta l’idea era quella di farmi una scorpacciata di pop tuttigusti & tutticolori. Idea già sfiorita miseramente in quel di Borgomanero la settimana scorsa, tra l’altro, quando nel tristissimo e nervosissimo Underground avevo invano cercato qualche disco pop che evocasse meraviglia e nostalgie. Un disco pop come quelli che incidevano le Ronettes, tanto per intenderci: stupefatto, scivoloso, semplice, evocativo, spesso addirittura sciocco come solo la migliore musica pop. Come ovvio non è che il merito di tanta grazia fosse tutto di Ronnie, Estelle e Nendra, le tre ninfette pop spuntate dal cemento delle strade di New York. Dietro allo stravagante muro di suono di una canzone come “Be My Babe” si cela la torbida mente di Phil Spector, vero e proprio mentore del gruppo, oltre che futuro marito e carceriere di Ronnie. Ed è il lato malsano e malato di Phil Spector a fare delle Ronettes un gruppo pop praticamente perfetto. Le tre disincantate protagoniste dell’avventura cantano cose buffe, semplici, speranzose. La musica attorno alla quale si avvolgono le parole suona facile, immediata, inoffensiva. Eppure si ha sempre l’impressione che qualcosa non torni, quasi che tutti i colori del pop con i quali sono state dipinte canzoni come “Baby I Love You” o “Do I Love You?” dovessero riempire un denso, gelido, profondissimo buco nero.