CIAO CIAO MICI
E così, da qualche giorno, la piccola Salopette se ne è andata. Tania è venuta a prenderla qui in cascina, per portarla a vivere in città. Questa micina storta e bruttarella mi ha strappato più di un sorriso, mi ha tenuto un bel po’ di compagnia e mi ha portato più di una volta sull’orlo della disperazione. Soprattutto nei giorni immediatamente successivi alla fuga di Tania, quando oltre alla Salopette mi giravano per casa altri tre gattini (il Rossino, la Grigina e la Fiona), proprio non riuscivo a tenerla a bada. Era disperata, mi scappava via tutte le volte che la avvicinavo e grattava in continuazione la porta di quella che per un paio d’anni (e qualcosa di più) era stata la stanza del cucito di Tania. In questa stanza la magrissima Salopette passava gran parte dei pomeriggi, addormentata e acciambellata in un cassetto pieno zeppo di stoffe, ritagli, spilli e bottoni. Resta il fatto che, dopo due mesi di vita con me e Conflitto, la piccolina un pochino si era abituata all’idea di vivere con due maschiacci. La spazzolavo, verso sera, quando si metteva sul davanzale della camera da letto per godersi il tramonto (si veda a questo proposito il post intitolato “Saluti dalla Cascina”). Le compravo delle buonissime pappe ai gusti più esotici (pesce rosso in bolla, canarino in gabbia, lucertola & topolino di campagna). Le sorridevo appena prima di mettermi a nanna, quando di fatto le nostre vite se ne andavano in due direzioni diverse. Mai capito cosa sognino i gatti. Mi auguro che si vedano dei filmini più divertenti dei miei, che grazie a dio vengono cancellati al risveglio da una sorta di “Processo di Rimozione Forzata”. Comunque, visto che di ricordi di questa micina ne ho in abbondanza, tanto vale metterne alcuni in fila, ben ordinati, così da far capire al globo terracqueo quanto io fossi affezionato ad una gattina arrogante, prepotente e tendenzialmente parecchio antipatica.
5) La prima volta che l’abbiamo vista io e Tania, nella gabbia dell’ambulatorio veterinario.
Che momento imbarazzante: Tania la prese tra le mani, un mucchietto di ossa avvolte in un fazzoletto di pelle, e le sorrise. In quel preciso istante il veterinario disse che c’era un altro gattino nella gabbietta, tutto nero e luciferino. Tania si volse, lo guardò un istante e, per un attimo, le passò per la mente l’idea di prendere lui e di lasciare sul posto la piccola micina tutta magra e spelacchiata che aveva tra le braccia. Per me era inconcepibile. Come si poteva mai mettere giù una creaturina del genere, privandola per sempre di “quel” contatto? Impossibile. Spinsi per la piccola Salopette. Tania se la strinse al petto e da quel momento, per mesi e mesi, fu la bimba più felice del mondo.
4) Una meditabonda Salopette sdraiata sul davanzale, impegnata a godersi il calore degli ultimi raggi del Sole.
Era un suo appuntamento fisso, che non avrebbe mancato per nulla al mondo. Vederla abbandonata e lasciva, con quella coda sempre in movimento, era parecchio romantico e misterioso. Anche perché, pur senza un motivo preciso, quella scena mi portava alla mente l’Antico Egitto, Cleopatra e Akhenaton, il Faraone Deforme (il mio preferito tra i Signori dell’Antico Egitto, per la cronaca). In effetti, con l’arrivo della gattina, per qualche tempo venni colto da una sorta di febbre egizia, che mi portò ben presto a dormire con due bastoni ricurvi stretti tra le mani. E non solo, spesso camminavo radente ai muri e, ancora più di frequente, sognavo che nelle vene, al posto del mio solito sangue da due soldi, circolassero le acque del Nilo. Tutto questo mi riporta alla mente il Museo Egizio che visitati da bimbo, in una sorta di gita scolastica a base di geroglifici e maledizioni. Un Museo che rivedrei volentieri, tra l’altro.
3) I dispetti della mici: tanti, tutti perfidi, cattivi e arricchiti di un sinistro senso dell’umorismo.
Il suo preferito era quello di staccarmi i tasti dell’iBook che uso abitualmente per guadagnarmi da vivere, riattaccandoli poi tutti sbagliati. Il suo grande classico era lo scambio della “z” con la “m”, ma amava anche invertire la “virgola” e il “punto”. Il buon Cecco, un amico mio, è convinto ancora adesso che tutta questa storia delle lettere scambiate di posizione sia da attribuire all’impostazione della tastiera (che al momento è settata su Italiano Pro). Evidentemente Cecco non ha fatto in tempo a conoscere abbastanza bene la gattina che mi gironzolava per casa.
2) La Salopette addormentata.
Chiunque abbia avuto la fortuna di passare del tempo con un animaletto non può non essersi innamorato della sua bestiolina vedendola dormire, poltrire, sognare con gli occhi stretti stretti. La piccola Salopette aveva una poltrona praticamente tutta per lei, dove si acciambellava e dove passava gran parte del suo tempo. Quando aveva voglia di avventura e di emozioni (cose a cui uno Jedi non ambisce, per dirla come Yoda), ecco che si lanciava sul tetto della cascina, così da mettersi a caccia di uccellini e lucertole. Si deve essere divertita un mondo, da queste parti. I pisolini della mici che ricordo più volentieri sono quelli schiacciati in Inverno, quando si metteva sul divanetto vicino alla stufa accanto a Conflitto. Si voltavano le spalle, ovviamente, ma restavano uno vicino all’altro. Il fuoco della stufa, non c’è niente da fare, pare incantato.
1) La prima sera senza la mici. Già al mattino ero scoppiato a piangere, sapendo che nel corso della mattinata Tania sarebbe venuta a prenderla. Le avevo preparato un paio di pappe da portarsi via, la sua gabbietta, il libretto del veterinario, la spazzola, la vaschetta e le ciotoline per i croccantini e per il latte. Io sarei stato via, a Milano, per tutta la giornata. Al mio rientro, la Salopette sarebbe sparita dalla mia vita più o meno per sempre. Quella sera non ebbi nemmeno il tempo ad aprire la porta che me la ritrovai davanti, sebbene sotto forma di un maglione abbandonato sulla mia poltrona. Ancora oggi, anche se sono passati un bel po’ di giorni, continuo a cercarla con lo sguardo per sapere dove diavolo possa essersi cacciata. Anche Conflitto mostra, in parte, la stessa curiosità. Affonda il muso nell’armadio a muro dove la gattina si andava a rifugiare quando Tania faceva passare l’aspirapolvere. Annusa per bene la poltrona dove la Salopette dormiva i suoi sonni che profumavano di sabbia e di antichità. Mi guarda con un sguardo un po’ mesto e un po’ fiero, non trovandola. “Il branco si è sfasciato”, sembra dirmi, “e tutti se ne sono andati per la loro strada”. Io lo guardo, lo accarezzo sul testone e penso che siamo rimasti soltanto io e lui. Soltanto io e il mio migliore amico. E quel “soltanto”, accanto a lui, non suona poi così povero, misero e spaventoso.
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